Soror, il pianeta dell’altro


Una vita nel sequel
Saga emotiva in 7 puntate
personaggi:
-la casa occupata che ospita il drive in
-il romanzo de il pianeta delle scimmie
-i 7 films della saga “il pianeta delle scimmie”
-gli umani, le scimmie
-gli scenziati (sia umani, che scimmie)

#1 puntata

« “Affido questo manoscritto allo spazio, non con la speranza di ottenere soccorso, ma per contribuire, forse, a scongiurare lo spaventoso flagello che minaccia la razza umana. Dio abbia pietà di noi!”…”La razza umana?” Sottolineò Phyllis stupefatta. “Così È scritto ” confermo Jinn »
estratto dal romanzo: il pianeta delle scimmie parte.1

Un qualunque abitante della casa occupata un giorno si sveglia e ricordandosi il sogno a colazione pensa: -” Eravamo ancora in questa casa, avevamo 60 anni tipo, da vecchi, a un certo punto mettendo una mensola scopriamo una controparete nascosta dietro l’intonaco. Dietro la controparete vengono alla luce centinaia di disegni e dipinti di ritratti di una vita risalente a 500 anni fa. E guardando su tutte queste foto di vita comune ricostruiamo la vita degli antichi abitanti di via dazzi 3.E scopriamo che in casa c’era esattamente lo stesso numero di bambini di ora, lo stesso numero di maiali e di galline, le camere erano disposte esattamente come ora, pure i bagni ma tutto era arredato con mobili piu pesanti. Il bagno era un buco fetido nella pietra medievale, ma il tinello un grazioso ferro battuto con specchietto di rame. Certo, non c’erano i computer portatili e gli iphone. Al posto di quelli in mano e negli occhi dei nostri antenati stavano strumenti musicali e rare, preziose litografie. Pensiamo ai tempi antichi, in cui la carta stampata aveva un costo paragonabile al costo dell’odierno iPad. A un certo punto in cerchio sopra una foto di gruppo, per una festa di S.Giovanni, si scopre che siamo lo stesso numero di vecchi ad abitare la casa dei nostri antenati, dai documenti di anagrafe poi uno accanto a me calcola che piu o meno campiamo lo stesso numero di anni di quando erano campati loro. Non di piu, come pensavamo noi (le scimmie). E poi mi sono risvegliato.

#2 puntata

– Passata la notte sulla navicella, la mattina ritornano sul luogo dove incontriamo la donna del giorno prima, ma stavolta non era sola: insieme a lei molti altri uomini e donne, tutti nudi, incapaci di parlare e con lo stesso atteggiamento animalesco di Nova, la bellissima ragazza che venne così ribattezzata da Ulisse Mérou.
estratto dal romanzo: il pianeta delle scimmie parte 2

Immagina che un giorno arrivi quacuno a te caro e ti racconti una storia di una persona imcredibile. Che a consumato troppi desideri, che ha divorato e sperperato, e viaggiato e scambiato sempre la cattiveria per dolore, la pena per pianto. Di una persona furba e spietata. Pensa che alla fine del racconto questa persona cara ti confidi: “Guarda che quella persona sei tu, non ricordi proprio..
Eravamo insieme ad abitare. Via via che tu vivevi e dimenticavi io raccoglievo episodi del tuo passato come in un sequel. Eh ..Ne ho raccolti tanti che non sai, adesso posso raccontare una storia che abbia un inizio e una fine: finalmente posso raccontartela senza sembrare pedante”.

#3 puntata

– Pianeta Soror: Un’altra paura di questa tribù è l’ ”atteggiamento umano” io e gli altri 2 astronauti, ormai fatti prigionieri da questa gente, venimmo scortati in una radura …; nessun segno di civiltà, non potevamo neanche parlare, sorridere o gesticolare, pena un’irrazionale terrore che colpiva la moltitudine sororiana. Mérou passò la notte con Nova, abbracciato in una tana. La mattina seguente venimmo svegliati da colpi di fucile e tamburi: una battuta di caccia in cui, come potemmo notare, le prede erano gli uomini e i cacciatori dei gorilla vestiti da caccia.
estratto dal romanzo: il pianeta delle scimmie parte 3

Un prato con sopra dei camion, il wagenplatz con sopra delle case che ci vivono con sopra dei cani che si riposano e fanno la guardia.
Una casa, il cecco, con sopra delle camere con sopra i mobili dei manifesti, vecchi di dieci anni con sopra delle lotte, delle rivolte e sopra ttutto un tetto.
Un quartiere antifascista, rifredi, con sopra un terreno espropriato all’ abbandono della pubblica amministrazione, con sopra tanti orti e un area con sopra dei cani con sopra i padroni dei cani che dal piano di sopra di casa paion dei puntini colorati, sopra di loro solo il cielo, non c’e piu spazio per altri padroni.
Un foglio con sopra delle firme dell’associazione, Coabitat, con sopra un logo per mostrare alla citta che legale e’ pure vivere nell’autogestione, un dibattito sopra la legalizzazione di un gruppo di persone, con sopra la fedina penale indagini e notifiche e processi per oltraggio e occupazione, con sopra una avvertenza chiara e tonda : “non riuscirete nemmeno questa volta a estinguerci ma solo a farci cambiare sopra nnome” .

#4 puntata

« Illustrissimo signor presidente, nobili gorilla, sapienti orangutan, arguti scimpanzé, scimmie tutte! Permettete che un uomo si rivolga a voi. So che il mio aspetto è grottesco, la mia forma ributtante, il mio profilo bestiale, infetto il mio odore e ripugnante il colore della mia pelle »
estratto dal romanzo: il pianeta delle scimmie parte 4

Nel 1963 , Pierre Boulle, scrive un romanzo intitolato “il pianeta delle scimmie”. Tale romanzo che di li a 10 anni diverra un bestseller si presenta con intreccio cosi speculare e simmetrico da sembrare palindromo, sono al confronto 2 civilta: una umana (con le scimmie in gabbia) e una scimmiesca (con gli umani in gabbia). Immediatamente tramutato in sceneggiatura cinematografica la storia de “il pianeta delle scimme” diviene un re-frame ricorrente per almeno tre generazioni di amanti del genere eto-fantascentifico inserendosi nel dibattito sull’integrazione fra razze e sulla nascita del sentimento xenofobo all’interno gruppi urbani. A oltre 40 anni dall’uscita del primo della serie e a mezzo secolo dalla stesura del romanzo si contano ben 7 pellicole piu o meno fedeli alla saga: prima con una frequenza di un film ogni 3 anni poi piu lentamente (ogni 10 anni) i “pianeta delle scimmie” si susseguono con ambientazioni svariate: le storie sono come un’altalena continua fra il futuro e il presente, i protagonisti sono una volta uomini l’altra scimmie e cosi via.

#5 puntata (il rovesciamento di prospettiva)

Trascinando i piedi a fatica sulla spiaggia bagnata arrivarono allo strenuo delle loro energie. Quel maledetto pianeta alieno prima li aveva resi schiavi, e ora li stava lentamente disidratando. Passarono oltre i confini della zona proibita fino a che non poterono non notare, l’enorme rovina di pietra che gli ostacolava il passaggio. Il suo profilo proveniva da un altro tempo, aveva qualcosa di famliare. D’un tratto come folgorato l’ultimo astronauta rimasto ancora i piedi capi che quello che vedeva era la catastrofe, per lui e per la sua intera specie: gli si paravano di frontele rovine di una pietra di quella che un tempo era stata la statua della Liberta. Inequivocabilmente quello non era il pianeta Soror, eravamo ancora sulla Terra.
estratto dal film: “il pianeta delle scimmie” 1968 Franklin J. Schaffner

In una cosa soltanto la saga cinematografica si spinge oltre il romanzo arrivando a dipingere un inquietante immaginario di frontiera fra il dramma psicologico e la catastrofe:
La saga cinematografica auto-coerente con se stessa (e abbandonando il romanzo), rimuove l’idea di pianeta alieno: non puo esistere nessun pianeta altro cosi identico e speculare al nostro se non proveniente dal nostro. Il pianeta delle scimmie nel romanzo ha un nome Soror. Nel sequel cinematografico semplicemente ne ha un altro: la Terra. Cosi mentre nel romanzo i nostri eroi hanno sempre un pianeta dal quale sfuggire per tornare nel vecchio o quantomeno si cullano nella possibilita di cercare altri mondi replica paralleli, comunque simili, e simili poiche simmetrici (sulla simmetria uomo/scimmia ). Sul grande schermo viceversa la frustrazione e’ il sentimento che domina la fine di ogni pellicola.
L’avvitamento del destino terrestre, umano e animale (scimmiesco) appare film dopo film piu inevitabile, evoca paure ancestrali di distruzione di massa (nei 70 dei primi film la bomba atomica, nel 2011 dell’ alzaimer ). E’ curioso pensare questo cambiamento come un effetto inaspettato sul pubblico di oggi , tanto piu perche non previsto nemmeno dagli ideatori dei vari films della saga:il disincanto , la condanna a una catastrofe annunciata perde progressivamente di interesse per lo spettatore che osserva i personaggi del film siano essi scimmie o umani, con il distacco con cui si osserva un esperimento da laboratorio (gli scenziati stessi del film diventano a loro volta cavie del destino) proiettati verso una loro (inutile) autoaffermazione di razza. Conseguenza di cio? Puo essere che un film dove tutti sono cavie renda possibile immedesimarsi in qualsiasi cosa si muova?

#6 puntata

« Il gorilla era con me da anni e mi serviva fedelmente. A poco a poco è cambiato. Si è messo ad uscire la sera, ad assistere a delle riunioni. Ha imparato a parlare. »
estratto dal romanzo: il pianeta delle scimmie capitolo.1

12 anni di esperimento di vita allargata in comune, il pianeta delle scimmie rimane la, appena fuori da via dazzi, con la fretta di accasarsi e di fare figli, o la paranoia di vedersi povero e fallito, di rimanere l’ultimo incagliato in qualche terapia psichiatrica o di restare solo. Il pianeta delle scimmie con tutti i suoi corsi di formazione, le sue notti bianche e’ la, appena fuori..

#7 puntata

Phyllis e Jinn hanno finito di leggere la storia, ma i due restano indifferenti, anzi, la scambiano per una grossolana burla e, mentre Jinn, con le sue quattro mani, cambia rotta alla sua astronave, la sua amica Phyllis, scuotendo le sue orecchie pelose, prende il suo piumino da cipria e si ravviva “l’adorabile musetto di giovane scimpanzé”, dicendo che un uomo non avrebbe avuto l’intelligenza di scrivere una simile storia.
estratto dal romanzo: il pianeta delle scimmie capitolo.1

Una Domanda: E se per puro caso un giorno ci ritrovassimo sul prato a giocare nell annuale torneo di “calcetto dal basso” e ne bel mezzo di una partita durante un aquazzone estivo, da uno smottamento del terreno emergesse una pietra vecchia di 700 anni. E poi dopo la pietra una altra e un altra ancora. E se cotinuando a scavare venisse alla luce lo splendore architettonico di un intera gardinata: quello che un tempo era l’ufficiale terreno di gioco, il gioiello romanico dell’anfiteatro del Dazzi stadium. Con tanto di panchine di gioco e baracchino per i panini con la mortadella. Con tanto di affreschi raffiguranti lo stesso regolamento di gioco. E se questo succedesse quali ripercussioni sulle nostre vite di noi giocatori, di noi organizzatori, sapere che per quel luogo cosi tanta e tanta gente, gli antichi si sono spesi per fare si che le dimensioni del campo rimanessero proprio quelle, che il pubblico avesse libero accesso e uscita e mandato di arbitrare, che le squadre portassero con se non soldi e sponsor ma compagnie del rione e trofei da mettere in palio , le proprie canzoni e i propri sacri vecchi.

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